LA CASA TRA LE NUVOLE
-Romanzo-
Quel pomeriggio Fabio ed io decidemmo di andare a fare una
passeggiata rilassante. Stella venne con noi. Prendemmo il sentiero del bosco
e, aprendoci di tanto in tanto un varco tra alberi e cespugli, raggiungemmo la
sommità della collina.
La mia cagnetta adorava passeggiare in mezzo all’erba e non
appena vide il prato, iniziò a correre con tutto il fiato che aveva. L’erba era
alta e a tratti la nascondeva alla mia vista. Quando non riuscii più a
scorgerla, la chiamai a gran voce perché non volevo che si allontanasse; ad un
certo punto vidi una palla di pelo correre nella mia direzione, mi abbassai per
prenderla in braccio ma all’ultimo momento lei deviò verso destra scodinzolando
felice: le piaceva un sacco farmi quello scherzo ed era in grado di correre per
ore senza mai stancarsi. La prima volta che entrò nella nostra casa era
piccolissima, spaventata e desiderosa di attenzioni. Non fu difficile per lei
conquistarsi un posto importante nella nostra famiglia, e il doverci occupare
di un esserino così piccolo ci aveva permesso di vivere dei momenti di
serenità, facendoci dimenticare per un po’ le nostre preoccupazioni. Stella era un cucciolo, aveva perso la mamma e non sapeva se poteva
fidarsi di noi e della nuova casa in cui era finita. Fabio stava cercando di
terminare di montare il recinto in cui avevamo deciso di farla dormire e quindi
toccava a me badare a lei.
Fino a quella mattina Stella non era mai stata lontana dai
suoi fratellini e cercava di protestare con
tutta se stessa guaendo disperata. La presi in braccio e si calmò quasi
all’istante; dopo una buona mezz’ora di coccole, si era quasi addormentata e,
avvertendo un certo torpore al braccio, decisi di rimetterla nella sua cesta,
ma non appena l'allontanai dal calore del mio corpo, aprì gli occhi e
ricominciò a piangere cercando di arrampicarsi sulle mie gambe.
“Perché mi hai messo giù –sembrava dire– io qui non ci voglio
stare, tu sei la mia nuova mamma e voglio che mi prenda in braccio.”
Rifeci la stessa cosa per almeno due volte poi la posai lo
stesso nella cesta. Stella si spaventò tanto che decise di infilarsi offesa sotto
il divano andando a nascondersi nell’angolo più difficile da raggiungere. Mi
coricai sul tappeto e, allungando il braccio sotto il divano, cercai di prenderla
ma riuscii solo a sfiorarle una zampina. Non volevo che restasse lì sotto e cercai
di fare di tutto per farla uscire: le riempii la ciotola di crocchette sperando
che il cibo la convincesse ma non fu così, la chiamai più volte e feci anche
finta di abbaiare ma non ottenni l’effetto sperato. Decisi di alzarmi dal
tappeto e tutta impolverata mi girai
verso le scale; sul primo gradino c’era Fabio che mi osservava con il sorriso
stampato in faccia.
«Volevo vedere che cosa t'inventavi ancora per farla uscire,
iniziava a diventare davvero divertente!»
«Ah ah! Fammi vedere quello che sai fare invece di stare lì
impalato a ridere!»
Fabio andò in cucina, prese una forchetta, iniziò a battere
sulla ciotola e Stella uscì di corsa da sotto il divano tuffandosi in direzione
del cibo.
«Non ci posso credere…»
«Se avevi bisogno di aiuto, potevi chiamarmi!»
«Scemo! Vieni qua a darmi un bacio se non vuoi finire al
posto di Stella.»
Mi accontentò all’istante, avvolgendomi in un abbraccio e
mordendomi un orecchio.
«Adesso che hai capito cosa devi fare io posso tornare su!»
«Sì certo, non ci saranno più problemi capo!»
In realtà mi sbagliavo di grosso ma non lo potevo ancora sapere.
Mentre Stella mangiava le sue crocchette, decisi di costruire un recinto
d’occasione intorno alla sua cesta. Andai in cameretta e presi tutte le borse e
gli zainetti che riuscii a trovare e iniziai a costruire un bel cerchio intorno
al suo cuscino. Presi Stella in braccio e la infilai all’interno del recinto dicendole:
“Adesso, tesoro, tu stai qui tranquilla e ti fai una bella dormita, io vado in
cucina a preparare il pranzo ma tu puoi stare
serena perché sei al sicuro e non ti succederà nulla.” Non appena feci un passo
verso la cucina, Stella iniziò a piangere, sembrava volermi dire che ero una
mamma snaturata e che quella che aveva prima non l’aveva mai chiusa in un
recinto fatto con gli zaini. Cercai nuovamente di tranquillizzarla ma non
vedendo miglioramenti, decisi di allontanarmi comunque, fiduciosa nel fatto che
dopo un po’ si sarebbe stancata di piangere e si sarebbe addormentata. In
realtà le sue forze furono maggiori del previsto e, non appena si accorse che
non sarei andata a salvarla, decise di trovare da sola una via d’uscita. Con le
zampine iniziò a scavare un’apertura fra gli zaini e non si fermò fino a quando
non riuscì a sgusciare via, andando a nascondersi di nuovo sotto il divano.
Sconsolata provai a costruire un recinto un po’ più solido.
Presi dal ripostiglio il frigorifero da campeggio, la scatola dell’olio e
alcune confezioni d’acqua che di sicuro non sarebbe riuscita a spostare.
Preparai il tutto e feci due passi indietro per osservare la mia intera opera:
sembrava un salotto di accampati ma
di sicuro sarebbe servito allo scopo.
Andai a prendere la forchetta e cominciai a sbatterla ripetutamente
sulla ciotola ma Stella non aveva nessuna intenzione di uscire. Mi coricai di
nuovo sul tappeto e, allungandomi fino a procurarmi uno stiramento alla spalla,
riuscii a farla uscire e la misi nel suo nuovo recinto. Lei iniziò a piangere e
a disperarsi cercando un varco tra una bottiglia d’acqua e l’altra. Vedendola
troppo spaventata, decisi di entrare anch’io nel recinto, mi sedetti a gambe
incrociate sul pavimento e lei mi si accucciò in braccio.
Mezz’ora dopo, quando Fabio scese dalla soffitta per chiedermi
se fosse pronto il pranzo, ci trovò tutte e due addormentate nel recinto di
zaini, bottiglie d’acqua e frigoriferi portatili. Mi prende ancora in giro per
questo!
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