VENTO TRA I CAPELLI
-PROLOGO-
Wick, Scozia del nord.
Ailie uscì di casa con una
cassetta di legno vuota e si diresse verso la legnaia. Il suo sguardo si volse
verso l’orizzonte, oltre le colline. Il
sole era alto nel cielo e iniziava a scaldare la terra ancora bagnata dalle
piogge della settimana precedente. La primavera stava per arrivare; lo si
sentiva annusando l’aria che sapeva di fiori e lo si avvertiva sulla pelle, là
dove un dolce tepore scaldava in profondità. I primi germogli iniziavano a
spuntare timidi sui rami sferzati dal vento e i crocus si aprivano leggiadri,
mostrando i loro colori al blu profondo del cielo.
Fece un respiro profondo e
sorrise tra sé e sé, lasciandosi accarezzare dai raggi del sole. Amava i primi
giorni di primavera quando tutto iniziava a muoversi e a risvegliarsi piano
piano, amava le violette che spuntavano coraggiose tra le rocce e lo sciabordio
dell’acqua del ruscello che scorreva sempre più impetuoso grazie allo
scioglimento delle prime nevi.
In primavera anche il mare
cambiava colore e passava dal grigio triste delle tempeste al blu profondo
dell’attesa… e tutto riprendeva vita.
Riempì la cassetta con i ceppi di
legno che servivano per riattizzare la stufa e volse lo sguardo verso la casa
gialla che confinava con la sua; un’ombra attraversò il suo volto e il pensiero
si rivolse in un istante alla telefonata che avrebbe dovuto fare di lì a poco.
Una folata di vento la travolse e la fece rabbrividire; rientrò in casa in
silenzio, chiudendo la porta a quella natura sconfinata che per un attimo
l’aveva distolta da tutto il resto.
Savigliano, Italia
Ilaria salì in macchina sbattendo
la portiera dietro di sé e si rintanò all’interno dell’abitacolo, sfuggendo al
vento impetuoso che dal mattino soffiava con forza sulla città. Chiuse gli
occhi un istante e appoggiò la testa all’indietro, assaporando quell’attimo di
tranquillità; era tutto il giorno che correva da un ufficio all’altro e adesso
si sentiva davvero stanca. Con due dita si massaggiò le tempie sperando di far
diminuire il mal di testa che la tormentava. Dopo essersi strofinata gli occhi
si guardò intorno: la piazza era quasi deserta e mulinelli di sabbia si
rincorrevano sotto le panchine con movimenti caotici ed irregolari. Il cielo
era limpido e un timido sole spuntava da dietro le montagne, rendendo lucide le
foglie degli alberi.
Una malinconia lontana la colse
ma il suo cuore fu rapido nel mandarla via. Ormai riconosceva quella sensazione
e sapeva che per sfuggirle non doveva far altro che ripartire come se niente fosse.
Mise in moto la macchina e con un
rumore sordo attraversò la piazza ed imboccò la strada principale. Il vento
continuava a soffiare impetuoso tra i rami degli alberi alzando polvere e
foglie secche che sbattevano contro il vetro della macchina e quasi le venivano
addosso, come a volerla cogliere impreparata. Lei continuava a fissarle come se
volessero dirle qualcosa. La sua mente volava lontana tra il tumulto degli
elementi.
Al tramonto parcheggiò la
macchina nel posteggio a lei riservato. Il sole stava scendendo dietro le
montagne e intorno al Monviso il cielo si era tinto di rosa, sfumato dalle
nuvole che, sferzate dal vento, correvano veloci nel cielo limpido.
Con le mani occupate dalle borse
della spesa, salì le scale al buio; appoggiando tutto a terra aprì la porta e
il silenzio di quella casa la colpì come ogni sera, come un pugno nello
stomaco. Non poté evitare di pensare a lui, anche se ne avrebbe fatto
volentieri a meno.
Il loro matrimonio era finito da
sei mesi con il rumore sordo di una porta che sbatteva e le gomme della
macchina che slittavano sulla ghiaia del vialetto.
Negli ultimi anni si erano
allontanati sempre di più e avevano dimenticato come si faceva a parlare. Non
c’erano più istanti da condividere, ma solo più la rabbia che si buttavano
addosso l’un l’altro, rabbia che invadeva tutto lasciandoli inerti con gli
occhi fissi e vuoti. Erano diventati due estranei che condividevano la stessa
casa e i silenzi tra loro si erano dilatati e l’aria era diventata
irrespirabile.
Il tradimento di Ilaria era
arrivato come una bomba, quando ormai i ranghi di entrambi gli schieramenti
erano devastati e stanchi. Tutto era esploso, il puzzle della loro vita insieme
era caduto a terra e i pezzi avevano iniziato a rotolare sotto al divano,
perdendosi per sempre tra la polvere.
La loro storia era finita
all’improvviso e tra loro non c’erano stati più contatti, se non le loro firme
affiancate su fogli anonimi che attestavano la loro volontà di divorziare in
modo consensuale.
Forse se ci avessero provato, se
si fossero impegnati un po’ di più le cose sarebbero state diverse…
Adesso però era rimasta solo
quella casa vuota, troppo grande per una persona sola.
Accese la luce; la sua giacca era
ancora sulla sedia e la tazzina del caffè era rimasta sporca sul tavolo dalla
colazione. Niente si era mosso.
Come ogni giorno posò le borse
per terra, accese la radio e aprì le persiane per fare entrare le ultime luci
del giorno; il suo sguardo volò lontano fin verso le montagne e si lasciò
rapire dal volo regolare di uno stormo di uccelli che, come puntini neri,
coloravano il cielo.
Respirando profondamente si
guardò intorno sentendosi come un’ospite in casa propria.
Andò in cucina e accese la
macchinetta del caffè.
Il telefono squillò squarciando
il silenzio all’improvviso. Ilaria trasalì e, quasi stupita del fatto che
qualcuno la potesse cercare a quell’ora, alzò la cornetta:
«Ciao Ilaria, sono Aillie, la vicina
di casa di tua madre.» disse una voce di donna dall’altra parte del mondo.
«Aillie? Ciao… È successo
qualcosa vero?» chiese Ilaria con un filo di voce;
«Purtroppo sì. Tua mamma non sta
bene, Ilaria, fino ad ora non ha voluto che ti chiamassi; sono mesi che lotta
contro la leucemia ma il medico, l’ultima volta che l’ha visitata, ha detto che
non c’era più niente da fare. Credo che sia il caso che tu ci raggiunga, se
vuoi salutarla un’ultima volta.»
Ilaria rimase in silenzio e la
sua mano si aggrappò alla cornetta come se fosse l’ultimo appiglio per non
cadere; come se non le appartenesse, sentì la sua voce ringraziare Aillie e
salutarla, dicendole che sarebbe andata in Scozia il prima possibile. Un
brivido le attraversò la spina dorsale, facendola trasalire e la stanza intorno
a lei iniziò a girare, lasciandola senza fiato.
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