martedì 12 aprile 2016

Vento tra i capelli

VENTO TRA I CAPELLI


-PROLOGO-

Wick, Scozia del nord.

Ailie uscì di casa con una cassetta di legno vuota e si diresse verso la legnaia. Il suo sguardo si volse verso l’orizzonte, oltre le colline.  Il sole era alto nel cielo e iniziava a scaldare la terra ancora bagnata dalle piogge della settimana precedente. La primavera stava per arrivare; lo si sentiva annusando l’aria che sapeva di fiori e lo si avvertiva sulla pelle, là dove un dolce tepore scaldava in profondità. I primi germogli iniziavano a spuntare timidi sui rami sferzati dal vento e i crocus si aprivano leggiadri, mostrando i loro colori al blu profondo del cielo.
Fece un respiro profondo e sorrise tra sé e sé, lasciandosi accarezzare dai raggi del sole. Amava i primi giorni di primavera quando tutto iniziava a muoversi e a risvegliarsi piano piano, amava le violette che spuntavano coraggiose tra le rocce e lo sciabordio dell’acqua del ruscello che scorreva sempre più impetuoso grazie allo scioglimento delle prime nevi.
In primavera anche il mare cambiava colore e passava dal grigio triste delle tempeste al blu profondo dell’attesa… e tutto riprendeva vita.

Riempì la cassetta con i ceppi di legno che servivano per riattizzare la stufa e volse lo sguardo verso la casa gialla che confinava con la sua; un’ombra attraversò il suo volto e il pensiero si rivolse in un istante alla telefonata che avrebbe dovuto fare di lì a poco. Una folata di vento la travolse e la fece rabbrividire; rientrò in casa in silenzio, chiudendo la porta a quella natura sconfinata che per un attimo l’aveva distolta da tutto il resto.


Savigliano, Italia


Ilaria salì in macchina sbattendo la portiera dietro di sé e si rintanò all’interno dell’abitacolo, sfuggendo al vento impetuoso che dal mattino soffiava con forza sulla città. Chiuse gli occhi un istante e appoggiò la testa all’indietro, assaporando quell’attimo di tranquillità; era tutto il giorno che correva da un ufficio all’altro e adesso si sentiva davvero stanca. Con due dita si massaggiò le tempie sperando di far diminuire il mal di testa che la tormentava. Dopo essersi strofinata gli occhi si guardò intorno: la piazza era quasi deserta e mulinelli di sabbia si rincorrevano sotto le panchine con movimenti caotici ed irregolari. Il cielo era limpido e un timido sole spuntava da dietro le montagne, rendendo lucide le foglie degli alberi.
Una malinconia lontana la colse ma il suo cuore fu rapido nel mandarla via. Ormai riconosceva quella sensazione e sapeva che per sfuggirle non doveva far altro che ripartire  come se niente fosse.
Mise in moto la macchina e con un rumore sordo attraversò la piazza ed imboccò la strada principale. Il vento continuava a soffiare impetuoso tra i rami degli alberi alzando polvere e foglie secche che sbattevano contro il vetro della macchina e quasi le venivano addosso, come a volerla cogliere impreparata. Lei continuava a fissarle come se volessero dirle qualcosa. La sua mente volava lontana tra il tumulto degli elementi.
Stava tornando a casa e poteva smettere di fingere, non era più obbligata a sorridere.


Al tramonto parcheggiò la macchina nel posteggio a lei riservato. Il sole stava scendendo dietro le montagne e intorno al Monviso il cielo si era tinto di rosa, sfumato dalle nuvole che, sferzate dal vento, correvano veloci nel cielo limpido.
Con le mani occupate dalle borse della spesa, salì le scale al buio; appoggiando tutto a terra aprì la porta e il silenzio di quella casa la colpì come ogni sera, come un pugno nello stomaco. Non poté evitare di pensare a lui, anche se ne avrebbe fatto volentieri a meno.

Il loro matrimonio era finito da sei mesi con il rumore sordo di una porta che sbatteva e le gomme della macchina che slittavano sulla ghiaia del vialetto.
Negli ultimi anni si erano allontanati sempre di più e avevano dimenticato come si faceva a parlare. Non c’erano più istanti da condividere, ma solo più la rabbia che si buttavano addosso l’un l’altro, rabbia che invadeva tutto lasciandoli inerti con gli occhi fissi e vuoti. Erano diventati due estranei che condividevano la stessa casa e i silenzi tra loro si erano dilatati e l’aria era diventata irrespirabile.
Il tradimento di Ilaria era arrivato come una bomba, quando ormai i ranghi di entrambi gli schieramenti erano devastati e stanchi. Tutto era esploso, il puzzle della loro vita insieme era caduto a terra e i pezzi avevano iniziato a rotolare sotto al divano, perdendosi per sempre tra la polvere.
La loro storia era finita all’improvviso e tra loro non c’erano stati più contatti, se non le loro firme affiancate su fogli anonimi che attestavano la loro volontà di divorziare in modo consensuale.
Forse se ci avessero provato, se si fossero impegnati un po’ di più le cose sarebbero state diverse…
Adesso però era rimasta solo quella casa vuota, troppo grande per una persona sola.
Accese la luce; la sua giacca era ancora sulla sedia e la tazzina del caffè era rimasta sporca sul tavolo dalla colazione. Niente si era mosso.
Come ogni giorno posò le borse per terra, accese la radio e aprì le persiane per fare entrare le ultime luci del giorno; il suo sguardo volò lontano fin verso le montagne e si lasciò rapire dal volo regolare di uno stormo di uccelli che, come puntini neri, coloravano il cielo.
Respirando profondamente si guardò intorno sentendosi come un’ospite in casa propria.
Andò in cucina e accese la macchinetta del caffè.

Il telefono squillò squarciando il silenzio all’improvviso. Ilaria trasalì e, quasi stupita del fatto che qualcuno la potesse cercare a quell’ora, alzò la cornetta:
«Ciao Ilaria, sono Aillie, la vicina di casa di tua madre.» disse una voce di donna dall’altra parte del mondo.
«Aillie? Ciao… È successo qualcosa vero?» chiese Ilaria con un filo di voce;
«Purtroppo sì. Tua mamma non sta bene, Ilaria, fino ad ora non ha voluto che ti chiamassi; sono mesi che lotta contro la leucemia ma il medico, l’ultima volta che l’ha visitata, ha detto che non c’era più niente da fare. Credo che sia il caso che tu ci raggiunga, se vuoi salutarla un’ultima volta.»
Ilaria rimase in silenzio e la sua mano si aggrappò alla cornetta come se fosse l’ultimo appiglio per non cadere; come se non le appartenesse, sentì la sua voce ringraziare Aillie e salutarla, dicendole che sarebbe andata in Scozia il prima possibile. Un brivido le attraversò la spina dorsale, facendola trasalire e la stanza intorno a lei iniziò a girare, lasciandola senza fiato.


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