venerdì 29 aprile 2016

Dove vanno a finire i calzini #19

DOVE VANNO A FINIRE I CALZINI #19


RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

Pinco e Pixi sono due calzini. Trascorrono le loro giornate su uno scaffale girevole in un negozio di abbigliamento. Un giorno vengono accidentalmente divisi. Pixi viene catturata da una grande mano e portata in una casa a lei estranea. Questa è la casa di una ballerina e Pixi si ritrova indossata nel piede destro, la musica parte e la danza ha inizio. Pixi viene travolta da queste nuove sensazioni, inizia a sentirsi leggera e ad un certo punto si lascia andare, lasciandosi travolgere dal ritmo delle note. Le sue giornate trascorrono tra lavaggi, stendini e sessioni di ballo. Conosce Jack in uno di quei momenti in cui è stesa ad asciugare. Una sera vede una luce sotto l'armadio, si avvicina e sente una musica martellante. Facendosi coraggio entra. Jack la scorge e si avvicina e le da il benvenuto nel covo dei calzini scartati. I due diventano amici e ogni sera si incontrano al bancone del bar e iniziano a conoscersi, chiacchierando tutta la notte. Jack un giorno le racconta della prima volta che aveva attraversato il filtro e si era ritrovato davanti il mare.

EPISODIO #19 IL SILENZIO DEL MARE


«Il mare? Ricordo che nel negozio in cui sono nata c’era, proprio di fronte allo scaffale girevole, una grande fotografia del mare. Sembrava magnifico!»
«Lo è davvero, sai? Magnifico e terribile allo stesso tempo. Trovarti di fronte al mare ti fa sentire piccolo e indifeso. Ti trovi davanti ad una forza immensa, che non ha paragoni rispetto a nient’altro. Io quella volta rimasi lì ad osservarlo, cercando di capire quant'era grande. Solo che non c’era modo di scoprirlo, non si vedeva la fine da nessuna parte. “Non la vedrai la fine” mi disse una voce dietro di me. Mi ricordo che mi voltai di scatto e che vidi, seduto su un muretto, uno strano essere: il suo corpo era formato da tre gomitoli di diverso colore, le sue gambe penzolavano nel vuoto e il suo sguardo era rivolto all'orizzonte e brillava di una luce particolare. “Scusa non mi sono presentato: io sono Sam, il guardiano del faro.” E fu così che incontrai il mio più grande maestro.»
Jack rimase zitto per alcuni istanti e poi proseguì, volgendo il suo sguardo verso qualcosa che non era tangibile.

«Mi ricordo che mi sedetti vicino a Sam e iniziai ad osservare le onde, nel loro continuo andare e venire. Persi la nozione del tempo, focalizzandomi su quel movimento sempre uguale a se stesso. Il mio cuore era in tumulto per tutto quello che mi era successo; il passaggio nel filtro era stato traumatico ma il mare leniva le mie ferite, come un unguento potentissimo. “Il mare ci insegna a ridimensionare ciò che proviamo, ci ricorda la nostra vera natura” mi disse Sam. Intuii il significato profondo delle sue parole e mi resi conto che, se anche non riuscivo ad esprimere il mio pensiero a parole, stavo iniziando a capire. “Puoi rimanere qua con me un mese, ma poi dovrai ripartire” mi disse dirigendosi verso il mare. Non so dirti perché lo seguii, ma so che quella fu la scelta più importante di tutta la mia vita.»
«Cos'hai fatto in quel mese?» gli chiesi.
«Semplicemente salii su una barca e Sam mi portò al largo. Viaggiammo per giorni interi. Il bello che non mi disse mai dove eravamo diretti.»
«Perché decidesti di fidarti di lui?In fondo non lo conoscevi.»
«Sentii che era la cosa giusta da fare, anche se non ne comprendevo a fondo le conseguenze. Ti è mai capitato di fare qualcosa di irrazionale perché una voce dentro di te ti spinge a farlo?»
«Di solito non è un bel segno sentire delle voci» dissi sorridendo.
«Puoi anche pensare che io sia matto, ma tutti abbiamo una voce interna che ci guida nella direzione da prendere. La stessa voce che a me diceva di seguire Sam, a te dice di restare e di lasciare il tuo amico al proprio destino.»
«Questo è un colpo basso.»
«No, è semplicemente un dato evidente. Ci sono cose che vanno oltre la nostra comprensione razionale; è così e non possiamo negarlo, sarebbe come mentire a noi stessi.»
Io rimasi zitta, lasciando che le parole di Jack si facessero strada dentro di me. Ad un certo punto ricominciò a parlare:
«Il viaggio nel mare durò tre settimane. In quei giorni imparai ad alzarmi all'alba, seguendo i cicli naturali di luce e di buio. La barca scivolava sull'acqua, portandomi lontano da tutto quello che avevo pensato fino a quel momento. Il mare non finiva mai, invadeva ogni cosa e a volte sembrava che ci volesse inghiottire.»
«Non avevi paura?»
«Era tutto talmente strano e irragionevole, che non avevo il tempo di avere paura. Non so come spiegarti, non mi veniva di pensare al futuro perché ero invaso dall'atto presente. Non potevo preoccuparmi se non pensavo al futuro. Capisci?»
«Ogni istante era perfetto di per sé.»
«Sì, e lo accettavo senza fare resistenza. Sam mi insegnò proprio questo. A non oppormi, a lasciare che le situazioni facessero il loro corso, senza preoccuparmi di ciò che non potevo prevedere.»
«Di cosa avete parlato durante il viaggio.»
«Non abbiamo parlato. Lui restava al timone con lo sguardo fisso verso l’orizzonte. Io per un po’ cercai di trovare degli argomenti di discussione, ma non me ne venivano in mente. Mi arrovellavo nel pensare a cosa dire, ma le parole non uscivano. Ad un certo punto compresi che non c’era niente da dire e mi adattai al silenzio.»
«Per tre settimane non vi siete rivolti la parola?» chiesi stupita.
«Sam diventò parte della barca, ad un certo punto mi dimenticai della sua presenza. Sembra pazzesco ma successe davvero così. Iniziai un dialogo silenzioso con il mare e mi lasciai travolgere dalla sua infinita saggezza. Dopo tre settimane approdammo su un’isola e ci accampammo per la notte, in una piantagione di banani. Le foglie scricchiolavano al passaggio del vento e mi riportavano alla mente immagini di mondi diversi uno dall'altro. Preparammo un piccolo falò e fu davanti alle fiamme guizzanti che Sam ricominciò a parlare: “In queste settimane il mare ti ha insegnato ad aspettare, attraverso il suo continuo divenire ti ha fatto capire che tu sei parte del tutto e che intorno a te ci sono infiniti mondi che tu puoi esplorare, se solo trovi il coraggio di farlo. Ci sono dei portali che collegano un mondo all'altro e ogni mondo che esplorerai, ti porterà a conoscerti un po’ di più. Sei qua per imparare a capire chi sei, non l’hai ancora capito?”. Detto questo se ne andò e mi lasciò solo. Non lo rividi più ma non dimenticai mai le sue parole. Per diversi mesi viaggiai passando da un mondo all'altro. Una mattina varcai la soglia di un portale e mi ritrovai nel filtro che mi riportò indietro. Un pensiero mi folgorò all'istante: io potevo aiutare gli altri a iniziare questo viaggio come Sam aveva aiutato me a riscoprire l’importanza del ritrovarsi. Finalmente la mia vita aveva uno scopo.»
Jack non aggiunse altro e io non trovai le parole giuste con le quali esprimere quello che provavo. Lui ad un certo punto si alzò e andò via. Io rimasi lì, in silenzio ad ascoltare i miei pensieri.

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