IL MIO PRIMO GIORNO AL CASTELLO
La prima volta che entrai in un castello vero avevo quattro
anni. Mi ricordo che quando scesi dalla macchina ero emozionato e mi guardavo
intorno con curiosità.
«Mamma, ma ci sarà il ponte levatoio?»
«Penso di sì» mi disse lei.
A passi rapidi ci avvicinammo al castello e io vidi spuntare
tra gli alberi una grande torre squadrata che mi sembrava forte ed
inespugnabile. La strada era in salita e c’erano degli alti scalini in pietra
da superare. Io cercai di non prestare troppa attenzione alla stanchezza e
proseguii oltre, riempiendomi gli occhi di tutta quella meraviglia.
Arrivammo su un camminamento che circondava le mura del
castello. Il sentiero si affacciava su un burrone e grosse rocce in pietra si
intravedevano tra il fogliame. Un brivido mi percorse la schiena e fu in quell'istante che mi accorsi che stavo vivendo una vera e propria avventura. In
mezzo allo strapiombo, scorreva un piccolo fiumiciattolo che si intrufolava
nella gola come un serpente sinuoso.
Dopo dieci minuti arrivammo sul ponte levatoio. Io mi fermai
un istante e ammirai le grosse catene dell’ingranaggio e le travi in legno che
erano maestose e possenti.
Varcai l’ingresso quasi trattenendo il fiato, immaginando di essere un cavaliere che ritornava a casa dopo molti anni trascorsi in battaglia. Ovunque girassi gli occhi respiravo maestosità ed fastosità. Papà mi indicò le feritoie e mi disse che da lì gli arcieri sparavano le frecce per difendere il castello da attacchi nemici. Mi immaginai soldati in assalto con le armi in pugno, pronti a combattere e mi sembrò di sentire il rumore delle spade che sbattevano l’una contro l’altra e il suono sordo degli zoccoli che attraversavano il selciato.
Varcai l’ingresso quasi trattenendo il fiato, immaginando di essere un cavaliere che ritornava a casa dopo molti anni trascorsi in battaglia. Ovunque girassi gli occhi respiravo maestosità ed fastosità. Papà mi indicò le feritoie e mi disse che da lì gli arcieri sparavano le frecce per difendere il castello da attacchi nemici. Mi immaginai soldati in assalto con le armi in pugno, pronti a combattere e mi sembrò di sentire il rumore delle spade che sbattevano l’una contro l’altra e il suono sordo degli zoccoli che attraversavano il selciato.
Proseguimmo oltre e scorgemmo a destra il mastio, la torre
più possente del castello. Io strinsi forte la mano di papà e iniziai l’ardua
salita. C’era una scaletta in legno che portava in cima e gli scalini erano
stretti e scomodi. Arrivati in alto, mamma mi prese in braccio e il mio sguardo
vagò sulla valle e per un attimo mi sentii come una grande aquila che volava
libera, lasciandosi trasportare dal vento.
Per scendere mi aggrappai di nuovo alla mano di papà e per un attimo ebbi paura, scorgendo il vuoto tra un gradino e l’altro.
Per scendere mi aggrappai di nuovo alla mano di papà e per un attimo ebbi paura, scorgendo il vuoto tra un gradino e l’altro.
Entrammo dentro le
stanze del castello. Mi ritrovai ad osservare ampi saloni dai soffitti a
cassettoni, camini immensi tutti decorati e finestre ampie che facevano entrare
i raggi del sole che illuminavano tutti gli arredi. Immaginai damigelle dai
vestiti sontuosi aggirarsi per quelle stanze alla ricerca di sospiri di
felicità.
Ad un certo punto entrammo in una stanza buia che si trovava
sottoterra. Era la dispensa. Grosse teste di alci erano attaccate alle pareti,
la luce era soffusa e l’aria fresca e pungente. La guida ci raccontò che sotto
quella stanza veniva deposta la neve e che su assi di legno venivano conservati
i cibi che dovevano durare per tutto l’inverno. Ci raccontò anche che quello
era il posto in cui di notte si aggirava il fantasma di una donna che era morta
moltissimi anni fa. Io dissi alla mia mamma che non volevo vedere il fantasma e
che era meglio uscire prima che facesse buio.
Terminata la visita ala castello ci aggirammo per il parco
alla ricerca del bosco delle fiabe. Ci accolse un cavaliere vestito di tutto
punto e ci fece entrare in una porticina in legno che dava direttamente sul
bosco.
All'improvviso mi ritrovai in un mondo magico, popolato da folletti,
streghe e fate del bosco. Meravigliato, iniziai ad osservare i diversi
personaggi che comparivano da ogni direzione e mi lasciai rapire dalle loro
storie. Avevo la sensazione di essere entrato nel libro di fiabe che avevo a
casa e per un attimo il mondo reale si confuse con quello fantastico,
lasciandomi basito. Quando arrivò l’orco mi spaventai tantissimo e mi rifugiai
tra le braccia della mia mamma, che mi avvolsero facendomi sentire al sicuro.
Con gli altri bimbi intraprendemmo una vera e propria battaglia per sconfiggere
l’orco.
Eravamo guidati da un cavaliere vestito di nero che sembrava molto
coraggioso. Io impugnai la mia spada e con coraggio seguii il mio capitano. Dopo
cinque minuti corsi tra le braccia di mamma per sentirmi di nuovo al sicuro e
dopo una buona dose di coccole tornai sul campo di battaglia per aiutare i miei
amici che combattevano le forze del male.
Alla fine della battaglia, il cavaliere mi fece
inginocchiare e mi nominò cavaliere. Io corsi ad abbracciare mamma e papà,
felice di aver vissuto una bellissima avventura e di aver trovato il coraggio
che era in me.
Spiegai alla mia mamma che a volte avevo avuto molta paura. Lei
mi rassicurò dicendomi che era normale. Che tutti i grandi cavalieri a volte
avevano paura ma che con coraggio andavano avanti affrontando ciò che li
spaventava tanto.Tornai a casa felice e un po’ più grande.
Non dimenticai mai questa avventura.
Non dimenticai mai questa avventura.
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