Aillie aprì la
porta e lasciò passare Ilaria. La casa era luminosa e il sole si rifletteva sui
vetri della credenza, creando dei giochi di luce fantastici. C’era un buon
profumo di limone che avvolgeva la stanza in un’atmosfera delicata.
«Lasciami cinque
minuti così la vado a svegliare e la porto qui.»
Ilaria annuì
silenziosa e iniziò ad aggirarsi per la stanza. Incominciò ad osservare le
immagini che erano state appese sulla parete di fronte. Ritraevano tutte dei
paesaggi scozzesi e sembravano delle finestre aperte su mondi fantastici. Il
mare del nord, con il suo colore azzurro ghiaccio, le distese di erica che si
perdevano all’orizzonte, i laghi che riflettevano i colori accesi del cielo. Sentì
il suo cuore rilassarsi di fronte a quella natura sconfinata ma, non appena
sentì dei passi nel corridoio a fianco, l’ansia rifece capolino tra le pieghe
della sua mente. In un istante si ricordò perché si era allontanata così tanto
da lei, avvertì di nuovo dentro di sé la sensazione terribile di sentirsi
schiacciata da una personalità che voleva controllarla e il fiato iniziò a
mancarle, facendola ansimare. Nella sua mente si diede della stupida. In fondo
era solo sua madre quella che stava arrivando ma questo pensiero non riuscì a calmarla
fino in fondo. Iniziò a sentirsi in colpa, come tutte le volte che si era
trovata da sola con lei.
La porta si
aprì ed entrò Aillie, spingendo una sedia a rotelle. Ilaria incrociò lo sguardo
di sua madre e la vide sorridere. I suoi occhi erano luminosi e non vi era
traccia delle ombre che per molti anni l’avevano fatta sentire inadeguata. Solo
in un secondo momento si rese conto della sua magrezza e del suo pallore, ma
quelli sembravano essere dei particolari privi di importanza, di fronte a quell’espressione
così serena e profonda. Ilaria sospirò e
si avvicinò titubante; l’emozione di rivedere sua madre la travolse e si sentì
vacillare.
«Ciao Ilaria.»
«Ciao mamma.»
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