VIOLETTA, LA BAMBINA SOTTILE SOTTILE
C’era una volta una bambina sottile, che camminava nel mondo
sfiorando appena la terra che aveva sotto i piedi: si chiamava Violetta. Ad
ogni folata di vento doveva aggrapparsi al primo oggetto solido che incontrava
per non essere trascinata via. Era talmente sottile che in un giorno di pioggia
si sciolse dentro a una pozzanghera e divenne un riflesso.
Per giorni e giorni continuò a piovere e le pozzanghere si
accumularono nel terreno creando dei piccoli rivoletti che scorrevano veloci da
una all’altra. Violetta venne spinta via e di lei rimase solo il profumo dolce
e fruttato.
Non troppo distante da lì, viveva Riccardino, un bambino
paffutello sempre in cerca di avventure. Riccardino amava la pioggia,
soprattutto quando le gocce finivano sul vetro e creavano dei fiumiciattoli che
lui inseguiva con il dito; la cosa però che gli piaceva di più era infilarsi i
suoi stivaletti verdi da draghetto e andare a giocare nelle pozzanghere.
«Mamma posso uscire? Non piove più», chiese il bimbo
indicando con il dito il sole timido che spuntava dalle nuvole.
La mamma annuì e Riccardino schizzò fuori, felice di avere
un intero pomeriggio per giocare all’aria aperta.
«Mettiti l’impermeabile e non ti bagnare troppo!», urlò la
mamma dalla cucina senza ottenere risposta dal figlio.
Riccardino saltellò felice fino alla chiesa del villaggio;
da lì partiva un sentiero che si inoltrava nei campi fino a raggiungere il
bosco in cui era diretto. Il sentiero
era costellato da pozzanghere e il bambino camminava in equilibrio su una striscia rialzata di erba e respirava a
pieni polmoni il profumo di terra bagnata che permeava l’aria di soffici
carezze. Ad un certo punto però avvertì un profumo e si fermò immobile cercando
di capire da dove provenisse. Sembrava il profumo delle violette che nascevano
spontaneamente in primavera e Riccardino rimase ad annusare l’aria:
“Strano! In autunno non ci sono fiori!”, pensò e si sporse a
controllare meglio.
In quell’istante scorse un guizzo nella pozzanghera e si fermò
basito chiedendosi se quello che aveva visto era reale:
«Ma che cos’è?» si chiese, sporgendosi sulla striscia di
terra. All’improvviso perse l’equilibrio e rotolò a terra; sotto di lui si aprì
una voragine che lo inghiottì e tutto iniziò a girare vorticosamente su se
stesso. Con un tonfo Riccardino cadde a terra e si ritrovò seduto in mezzo al
fango. Alzò lo sguardo in alto e si rese conto di essere entrato nella
pozzanghera.
«Ma com’è possibile?», si chiese.
«Ti sei fatto male?», chiese una voce sottile sottile.
Riccardino si volto di scatto e vide che una bambina vestita
di viola si stava avvinando con passo leggero.
Mentre camminava il suo corpo sfumava in mille sfumature diverse e
sembrava fluttuare come le foglie in
autunno che cadono leggiadre a terra. Riccardino si vide riflesso nei suoi
occhi e riconobbe quella creatura come simile a sé. La bambina le sorrise e
disse:
«Ciao! Io sono Violetta. Benvenuto nel paese delle
pozzanghere. Non è così terribile qui sai? Non c’è neanche il vento.»
Riccardino la fissò stranito e annuì poi aggiunse
rispondendo a una domanda che non era stata espressa:
«Non so perché sono finito qui. Avevo visto un riflesso
nella pozzanghera, mi sono sporto e sono caduto»
Riccardino abbassò lo sguardo imbarazzato e fu in quel
momento che si accorse che il suo corpo era una macchia indistinta di colore e
che aveva perso solidità. Per un attimo un brivido percorse la sua schiena e i
suoi occhi si dilatarono per lo stupore. La bambina si accorse dello sguardo
terrorizzato e cinse la mano del bambino nella sua; il suo tocco era delicato come
una piuma e riuscì a tranquillizzarlo all’istante.
«Hai voglia di fare una passeggiata?», domandò la bambina
con entusiasmo.
Riccardino annuì e la seguì inoltrandosi in una pozza tutta
verde.