venerdì 30 settembre 2016

ALY E IL GENIO -Viaggio in Africa-

ALY E IL GENIO
-Viaggio in Africa-



Alice e il genio atterrarono su una piroga e iniziarono ad inoltrarsi nel corso del fiume.
«Dove ci troviamo?»
«Siamo sul fiume Congo. È quasi l’alba»
Alice si guardò intorno e quello che la sconvolse fu il silenzio: talmente profondo da essere assordante. Poi all’improvviso la sfera infuocata del sole fece capolino all’orizzonte e iniziò a colorare la terra di una luce soffusa e ritornarono tutti i colori: i verdi intensi delle chiome degli alberi, il marrone dei tronchi, il tenue tono pastello dei papiri che, man mano che il sole si alzava sull’orizzonte, sfumava nell’ocra e nell’oro. E poi ancora il bianco ed il rosa carico dei fiori delle ninfee palustri, il rosso rubino delle bacche del pepe, tutta la gamma dei grigi argentei dei baobab. E nel bel mezzo di questa tavolozza come d’incanto si accese la musica, il respiro profondo dell’Africa spazzò via in un attimo il silenzio ovattato e l’immobile notte scomparve nel risveglio della vita: il cielo si riempì di ali e di stridii, con milioni di aironi, gruccioni, cicogne, cormorani, anatre, tutti insieme a salutare il nuovo giorno. Lontano, nella bruma del mattino, il richiamo ovattato del Bubu, il gufo africano, fece vibrare l’anima di sussulti primordiali, mentre i Martin pescatori si gettarono nelle acque a caccia di cibo. Una coppia di aquile pescatrici diede il buon giorno dalla cima di un teak e mentre la prua della piroga si tuffò in un canale nascosto, lo sbuffo profondo ed inquietante degli ippopotami raggelò la schiena e bloccò il respiro.[1]
Eugenio avvicinò la piroga alla costa e i due si inoltrarono in mezzo agli alberi. Le chiome iniziarono ad avvicinarsi sempre più, creando un tetto verde sopra le loro teste. L’aria era umida e soffocante e le liane ostruivano il passaggio, facendoli incespicare nel loro cammino. Eugenio si appoggiò un dito sulle labbra e fece segno ad Alice di stare zitta. Con un movimento lento e studiato, aprì con le mani un varco tra le vegetazione e ciò che comparve alla vista la lasciò senza fiato: sugli alberi, ignari del loro passaggio, un’intera famiglia di gorilla sedeva pacifica ai piedi di un grande albero. I loro occhi erano grandi e luminosi. I cuccioli si rotolavano su un tronco che giaceva per terra e i genitori osservavano le ombre della foresta, rosicchiando dei fili d’erba. La loro espressione era serena e tranquilla. Alice si perse dentro quella sensibilità fuori dal tempo e per un attimo smise anche di respirare. Il genio le permise, per qualche istante, di vivere quell’emozione. Poi le sfiorò il braccio e le fece capire che dovevano proseguire il loro viaggio. Aly sospirò e seguì il genio dentro il polmone verde dell’Africa.
Arrivati sul sentiero, il genio fece comparire di fronte ai loro occhi una Jeep:
«Vieni, adesso andiamo a vedere la savana.»
Aly si sedette sul sedile e il genio partì, facendola sussultare. Si inoltrarono in distese di terra rossa e sterpaglie dorate; le ruote sollevavano la polvere dalla strada e contorti arbusti spinosi di acacia ostruivano il passaggio, obbligandoli a fare lunghe deviazioni. Gli spazi sembravano senza confini, ogni traccia della presenza umana era scomparsa e il paesaggio iniziava ad aprirsi a perdita d’occhio. Aguzzarono la vista per individuare i primi animali che facevano capolino tra l’erba. Dietro una macchia di cespugli, a bordo strada, apparve un branco di elefanti: sembravano vicinissimi e incuranti del loro passaggio. Aly scorse un’aquila volteggiare sulla parete rocciosa alle sue spalle. Il genio continuò a guidare, incurante degli scossoni. Arrivarono in una valle e sulle pendici di fronte avvistarono un grosso leone maschio ed una femmina, sdraiati all’ombra dei cespugli. Ad un certo punto sentirono un rumore martellante che iniziava a diventare sempre più forte. Alice e il genio si girarono verso la fonte del rumore e videro una mandria di bufali composta da un centinaio di esemplari che si avvicinavano alla strada, attraversandola più volte. Erano massicci e imponenti e si muovevano vicino alla jeep, incuranti della presenza del genio e della ragazza. Il genio e Aly si fermarono per fare attraversare la mandria e dopo ripartirono spediti, cercando di avvistare altri animali. Videro delle zebre, un branco di gnu e isolati facoceri, ma assolutamente spettacolare fu la vista maestosa delle giraffe. Riuscirono ad avvicinarsi quasi da poterle toccare.
«Adesso andiamo a vedere il deserto, ti va?» disse il genio rivolgendosi alla ragazza.
Alice annuì e si lasciò trasportare dal genio nel cuore dell’Africa.
Attraversarono foreste di baobab, cascate dai mille colori, videro il sole tramontare nella foresta e scomparire dietro le chiome degli alberi, illuminando le foglie di colori brillanti.
Aly rimase per tutto il tempo con il naso appiccicato al finestrino; finalmente aveva riscoperto la sua curiosità inesauribile e per un po’ si dimenticò di guardare la vita con occhi annoiati e si lasciò travolgere dalla bellezza che la circondava. Il genio la osservò in silenzio per tutto il lungo viaggio, avvertendo il suo cambiamento interiore.

Arrivati nel deserto iniziarono i primi problemi. Il caldo divenne soffocante e le forze del genio cominciarono a diminuire. Ad un certo punto sentì i suoi poteri venire meno e all’improvviso la jeep sparì e loro si ritrovarono seduti sulla sabbia.
Aly guardò stranita il genio:
«Cosa succede?».
«Credo che con questo caldo i miei poteri non funzionino bene. Ho bisogno di bere. Dobbiamo raggiungere quell’oasi che si vede in lontananza».
«A piedi? Non sembra molto lontana; ce la possiamo fare».
A piccoli passi si inoltrarono nel deserto; la sabbia era caldissima così come l'aria, calda, ferma e opprimente. L’oasi sembrava allontanarsi ad ogni passo e Alice ed Eugenio erano stanchissimi.
Il genio vide la ragazza diventare sempre più pallida e iniziò a preoccuparsi seriamente. Proseguì in direzione dell’oasi, sperando nel suo cuore di arrivarci il prima possibile.
Dopo due ore di cammino, passarono vicino alle prime palme e finalmente arrivarono di fronte a un laghetto cristallino da cui partiva una sorgente d’acqua gorgogliante. Il genio bagnò immediatamente la fronte della ragazza e le diede da bere. Gli occhi di Alice ritornarono vigili e il colorito ritornò sul suo volto. Eugenio tirò un sospiro di sollievo. Erano salvi.

«Com’è possibile che un genio potente come te ad un certo punto perda i poteri?», chiese a un tratto la ragazza.
«Penso che il caldo abbia fatto esaurire la mia fonte magica. Anche i geni si possono stancare sai? Comunque adesso sono forte come prima.»
«Dobbiamo tornare a casa?»
«C’è ancora una cosa che devo farti vedere, ma per non correre il rischio questa volta voleremo.»
Il genio schioccò le dita e Aly si sentì travolgere dai colori e dal vento. Atterrarono al centro di un villaggio e una musica ritmata e allegra li avvolse non appena i loro piedi sfiorarono il terreno.
«Dove siamo finiti Eugenio?» esclamò Alice entusiasta alla vista di quei colori.
«Siamo in Senegal, nel villaggio di Louga. Stanno celebrando la festa del Tabaski, anche detta del montone. Vieni ci sarà da mangiare e da ballare», rispose Eugenio, accompagnandola nei pressi del villaggio.
La ragazza corse a ballare e a divertirsi, lasciandosi trasportare dalla musica, dai profumi e dalle tradizioni.
«Dai Eugenio vieni a ballare con me»
Il genio inizialmente rimase interdetto poi, per una volta, decise di lasciarsi andare, permettendo a quella ragazza di travolgerlo con il suo entusiasmo e con la sua vitalità.
Finita la festa tornarono a casa, si salutarono stanchi e contenti per aver vissuto un'altra avventura strepitosa. Eugenio tornò nella sua lampada mentre Aly si accoccolò tra le coperte del suo letto, felice. Il viaggio in Africa si era rivelato entusiasmante, la festa, le disavventure nel deserto, gli animali della savana, insomma tutto quanto aveva reso il loro viaggio unico e indimenticabile. Le emozioni vissute lasciarono nella ragazza una grande gioia e tanta adrenalina, sufficiente a saziare il desiderio di avventura per qualche giorno.


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