lunedì 29 febbraio 2016

E adesso?

E ADESSO?

Ho sognato da quando sono piccola di pubblicare un libro e adesso mi ritrovo con il mio sogno realizzato. Stento a crederci sapete?
Mentre contemplo basita il mio entusiasmo, passano davanti ai miei occhi molte immagini che riguardano il mio passato.
Scrivere non è sempre stato semplice per me e nemmeno naturale. Ci sono stati mesi e addirittura anni in cui non ho scritto niente. Momenti in cui mi sono detta che quella non era il sogno che faceva per me, che dovevo lasciare perdere. Momenti in cui ci provavo e riprovavo senza nessun risultato degno di nota.
Se chiudo gli occhi, mi rivedo bambina con la macchina da scrivere di mia madre elaborare possibili trame per un mio futuro romanzo. Scrivevo il titolo e mezza pagina e poi mi bloccavo. Rileggevo tutto e buttavo il foglio nel cestino, esasperata e alla ricerca di un’ispirazione che stentava ad arrivare. C’erano giorni in cui camminavo in circolo nella mia stanza tirando in aria la matita che avevo tra le mani; poi di colpo mi fermavo e cercavo un foglio per appuntarmi il pensiero che mi era venuto in mente, prima di dimenticarlo. Altri invece che l’ispirazione proprio non arrivava e restavo a fissare il cielo, perdendomi tra le nuvole dei miei pensieri.

domenica 28 febbraio 2016

Col piede giusto

COL PIEDE GIUSTO




Quando nella mia mente ci sono troppi pensieri di solito inizio a camminare. Passo dopo passo mi allontano dalle ultime case del paese e mi tuffo nella campagna. Vicino a casa mia c’è un sentiero che si inoltra in mezzo ai campi e che si allontana sinuoso dalle ultime case abitate; si chiama “la via dei boschi” ed è lì che vado quando il rumore nella mia testa inizia a diventare invadente.

“Camminare è un gesto rivoluzionario, controcorrente, ma anche un bisogno profondo che torna a galla, vuol dire entrare in contatto con la terra che calpestiamo passo dopo passo e con la sua natura, a cui abbandonare i nostri sensi per farsi accogliere da lei in un abbraccio ristoratore e rigenerante.”
-Luca Gianotti-



Spesso la nostra velocità di vita poco si adatta al bisogno di silenzio e introspezione. Siamo sommersi da mille stimoli, re e regine del multitasking, ci sembra meritevole fare più attività contemporaneamente. Poi all'improvviso ci ritroviamo esausti e non siamo in grado di fermare la macchina infernale dei nostri pensieri. Sempre più spesso, nell’ultimo periodo, sento il bisogno di fondermi con la natura, di ascoltare il suo respiro e di lasciarmi rapire dalla sua bellezza. Il mondo a volte sa essere disarmante: il cielo con le stelle e i pianeti, le gocce di rugiada sull’erba bagnata, un fiore che si schiude al sole, una formica che trasporta una briciola di pane nella sua tana, le onde del mare che si infrangono sulla riva. In questi istanti desidero solo perdermi in esso e sentirmi parte del tutto.



“Mi siedo e, in silenzio, osservo il tramonto, oppure ascolto il rumore di un corso d’acqua, o semplicemente sento il profumo di un fiore. Nell’estasi del mio silenzio, attraverso la comunione con la natura, godo del palpitare eterno della vita, del campo della potenzialità pura e della creatività illimitata.”
-Deepak Chopra-



Con il piede giusto mi inoltro nel verde e mi ritrovo intera.


sabato 27 febbraio 2016

Tempo libero

LA CASA TRA LE NUVOLE
Romanzo di Laura Moscato



"Una persona dovrebbe avere sempre più tempo libero... Un tempo lento che dà voce ai sogni."








venerdì 26 febbraio 2016

Dove vanno a finire i calzini 11#

DOVE VANNO A FINIRE I CALZINI #11




RIASSUNTO PUNTATE PRECEDENTI

Pinco e Pixi sono due calzini. Trascorrono le loro giornate su uno scaffale girevole in un negozio di abbigliamento. Dialogano tra loro attraverso il filo di plastica che li unisce. Un giorno la porta del negozio si apre e lo scaffale inizia a girare. Una grande mano afferra i due calzini, accidentalmente rompe l'etichetta che li teneva legati. Pixi viene messa in una borsa e portata via. Si ritrova in una nuova casa, con altre calze una diversa dalle altre. All'improvviso Pixi viene catturata da una grande mano, indossata nel piede destro, la musica parte e la danza ha inizio. Pixi viene travolta da queste nuove sensazioni, inizia a sentirsi leggera e ad un certo punto si lascia andare, lasciandosi travolgere dal ritmo delle note. Le sue giornate trascorrono tra lavaggi, stendini e sessioni di ballo. Conosce Jack in uno di quei momenti in cui è stesa ad asciugare. Le vecchie calze cercavano di spaventarla con i loro racconti sul filtro trituratore della lavatrice, Jack cercò di rassicurarla dicendole che il filtro non era altro che un passaggio per mondi paralleli.


EPISODIO 11#
IL COVO DEI CALZINI SCARTATI


La notte seguente notai delle luci strane provenire dalla porta dell’armadio. Titubante mi avvicinai e appoggiai l’orecchio alla porta per sentire meglio. Una musica ritmata e allegra mi raggiunse e io rimasi ad ascoltarla, chiedendomi cosa stesse succedendo. Provai a spingere la porta e il mio cuore ebbe un sussulto quando mi accorsi che era solo accostata. Con passi silenziosi e vigili entrai e ciò che vidi mi sconvolse. Decine di calzini ballavano al centro della stanza, alcuni erano seduti sulle maglie a chiacchierare, altri erano in piedi, appoggiati alle gambe dei pantaloni con un drink in mano. 

«Buonasera Pixi.»

Mi voltai di scatto e vidi che vicino a me c’era Jack che mi sorrideva allegro.
«Vedo che alla fine ce l’hai fatta a scoprire il nostro segreto! Benvenuta nel Covo dei calzini scartati» mi disse guardandomi negli occhi.

giovedì 25 febbraio 2016

La casa tra nuvole


CI SIAMO!!!!!! 
L'E-BOOK E' PRONTO!!!



Grazie a Gaetano Virgallito, Rita Cioce e Daniel Balzan! Siete stati fantastici e mi avete aiutato a dare forma al mio sogno più grande. Grazie!


La versione cartacea arriverà presto. 


mercoledì 24 febbraio 2016

Volo libero

VOLO LIBERO




Un libro nasce in segreto. Ci si alza di notte per scrivere e in silenzio ci si abbandona al processo creativo e si inizia a viaggiare, immedesimandosi con i personaggi e le loro vicissitudini. Quando si termina la prima stesura del libro si avverte una sensazione di euforia e meraviglia che per un po’ di giorni permane nell’aria, rendendola più frizzante. Il più delle volte, questa sensazione non è condivisibile proprio perché troppo intima e personale.

Una piccola apertura verso l’esterno si ha con l’avvio del processo di correzione. Amici e famigliari iniziano a leggere il testo, consigliando eventuali modifiche e segnalando errori.  Con timidezza si consegna parte della propria anima ad un altro, sperando che la tratti con cura e attenzione.

L’editing del testo è l’ultima correzione che viene fatta ed è la più importante. Solo l’occhio di un professionista può scremare tutte le parti in eccesso per arrivare all’essenza del libro.

Il testo ritorna nelle mani dello scrittore e lui accarezza la sua opera e in un ultimo gesto d’amore, sceglie le modifiche che apporterà tra quelle che gli sono state consigliate.

Dopo tutti questi passaggi il libro è pronto per essere letto e pubblicato. È a questo punto che lo scrittore inizia a tergiversare.
“Forse dovrei rileggerlo ancora una volta. Forse dovrei aspettare un po’ prima di pubblicarlo. Forse ho un po’ di paura a lasciarlo andare.”

Il libro, con la pubblicazione, volerà lontano e non apparterrà più solo allo scrittore, ma tutti i lettori lo plasmeranno, rendendolo anche un po’ loro. Lo scrittore avverte la sua titubanza prima del grande salto, ma ad un certo punto chiude gli occhi, fa un respiro profondo e lo lascia volare libero. Con gli occhi lucidi lo saluta, augurandogli “Buon viaggio.” 

martedì 23 febbraio 2016

Abbracciare l'imprevisto


Forse fu in quel momento che compresi quanto la vita mi potesse stupire, quanta magia ci fosse nell’abbracciare l’imprevisto… potevo solo fidarmi, fare i conti con la mia paura, imparando a conviverci.
Le emozioni provate quel giorno mi cambiarono. La vita aveva ancora un sacco di sorprese per me e capii quanto il futuro potesse essere affascinante se non cercavo di prevedere tutto.
«Alla fine la paura sarà sempre presente, sempre in agguato, però ti colorerà l’esistenza» mi disse Luca.

LA CASA TRA LE NUVOLE 
Laura Moscato

domenica 21 febbraio 2016

Buchi di cielo

BUCHI DI CIELO


Immagina di trovarti davanti ad una piccolissima apertura nella roccia. Sgusci dentro per vedere dove porta. I primi metri sono claustrofobici ma poi l’ambiente si allarga fino a diventare grande poco più di una stanza. Per procedere bisogna aggrapparsi a pareti e stalagmiti ricoperte di acqua e fango. Si scivola tantissimo e alcuni tratti in discesa li fai con il cuore in gola. All'interno non si vede quasi nulla, scorgi solo una piccola porzione di parete che sembra non finire mai. Il vento soffia sulla pelle e fa venire i brividi. Mentre prosegui le pareti si allargano sempre di più e l’ambiente diventa via via più luminoso. 

Ti ritrovi catapultato in pochi minuti in un paesaggio quasi surreale, a decine di metri sotto terra. Grandi sale con soffitti altissimi offrono uno spettacolo di rara bellezza. La maestosità delle stalagmiti giganti ti lascia sbalordito. Ti lasci guidare dai suoni e profumi e ad un certo punto senti l’acqua scorrere e immagini le goccioline farsi strada nel calcare scavando minuscoli tunnel tra le rocce. 

sabato 20 febbraio 2016

Angolo della meditazione



«Questo è il mio angolo della meditazione: i ritmi dolci e antichi della terra mi aiutano a riflettere, a lasciar andare tutto quello che potrebbe solo causare ansia e che sarebbe inutile trattenere. Quando sono qui mi concentro sul sole che mi scalda, sui profumi che ci sono attorno a me e mi dimentico della fatica. È bello prendersi cura di qualcosa il cui benessere dipende totalmente da me; grazie a quest’orto ho riscoperto la pazienza dell’attesa, lo stupore della scoperta e la soddisfazione del risultato.» 
LA CASA TRA LE NUVOLE
di Laura Moscato

venerdì 19 febbraio 2016

Dove vanno a finire i calzini #10

DOVE VANNO A FINIRE I CALZINI #10


RIASSUNTO PUNTATE PRECEDENTI

Pinco e Pixi sono due calzini. Trascorrono le loro giornate su uno scaffale girevole in un negozio di abbigliamento. Dialogano tra loro attraverso il filo di plastica che li unisce. Un giorno la porta del negozio si apre e lo scaffale inizia a girare. Una grande mano afferra i due calzini, accidentalmente rompe l'etichetta che li teneva legati. Pixi viene messa in una borsa e portata via. Si ritrova in una nuova casa, con altre calze una diversa dalle altre. All'improvviso Pixi viene catturata da una grande mano, indossata nel piede destro, la musica parte e la danza ha inizio. Pixi viene travolta da queste nuove sensazioni, inizia a sentirsi leggera e ad un certo punto si lascia andare, lasciandosi travolgere dal ritmo delle note. La sua vita viene scandita dalle sessioni di ballo e dai lavaggi.

EPISODIO 10 
IN LAVATRICE


Ciò a cui proprio non riuscivo ad abituarmi era la lavatrice. Venivo buttata nella mischia e i confini personali non solo non venivano rispettati, proprio non esistevano più. Mi ritrovavo pressata e faticavo a respirare e nella mia mente entravano i pensieri degli altri, come gocce di pioggia che scavavano solchi nella dura roccia. Come una spugna, iniziavo ad assorbire tutte le loro ansie e mi sentivo svuotata da ogni senso di appartenenza.
All’improvviso si sentiva un fruscio assordante e l’acqua invadeva l’oblò e il mondo iniziava a girare, mettendo tutto sottosopra. La schiuma e l’acqua mi entravano dentro, riempiendomi il naso e la bocca e facendomi venire voglia di vomitare. Il momento peggiore era quello della centrifuga: senza preavviso la velocità aumentava e io mi appiccicavo alle pareti dell’oblò senza più riuscire a muovere neanche più un muscolo. A questo punto svenivo e mi ritrovavo appesa a testa in giù, fredda e in lacrime.

giovedì 18 febbraio 2016

Occhi che urlano


OCCHI CHE URLANO 






Ci sono bambini che pensano di essere obbligati a recitare un ruolo e quando sono in mezzo agli altri non se ne discostano mai, per paura di diventare improvvisamente invisibili. Loro sono quelli che hanno sempre uno sguardo sprezzante, la battuta pronta e sembrano sicuri di sé e inavvicinabili. Gli adulti con loro sono molto in difficoltà e si sentono presi in giro. Le provano tutte: cercano di spiegarsi, poi, non sentendosi ascoltati, ripetono l’intera questione e alla fine si arrabbiano. Gli adulti non sopportano di essere presi in giro e si irritano sempre se questo accade. Questi bambini sanno che li faranno arrabbiare e fanno di tutto perché questo si verifichi. Si crea un circolo vizioso da cui è sempre più difficile uscirne.


Questi bimbi vivono come se fossero sempre di troppo e cercano di essere guardati, accettando di essere sgridati per ottenere un risultato. Non si mostrano mai per come sono, ma utilizzano delle maschere per nascondere la parte di loro che considerano non interessante.«Se mi sgridi, sai che ci sono e non ti dimentichi di me.» urlano i loro occhi silenziosi.A casa spesso devono esagerare per far sì che i genitori si accorgano di loro e smettano le loro occupazioni giornaliere per dargli un po’ di attenzioni. Hanno bisogno di essere visti e si sentono andare in pezzi se questa necessità non viene rispettata. Farebbero di tutto per ottenere lo sguardo delle persone che amano.

mercoledì 17 febbraio 2016

Spuk lo spaventapasseri

SPUK LO SPAVENTAPASSERI



Simone abitava con il suo papà e la sua mamma in una cascina piena di animali. C’erano i cavalli, le pecore, le mucche e le galline. Simone aiutava molto il suo papà e sovente lo accompagnava nei campi. Una mattina il papà di Simone disse al suo piccolino che voleva costruire uno spaventapasseri.

«I corvi mi mangiano tutto il grano. Voglio mettere uno spaventapasseri proprio in centro al campo così nessun uccellino oserà più avvicinarsi. Mi aiuti?»
Simone acconsentì felice e corse con il suo papà nel magazzino. Ci volle tutta una mattina per costruirlo. Anche la mamma di Simone aiutò in quell’occasione: prima di tutto cercò un bel cappello di paglia, una camicia a quadrettoni e un bel foulard rosso. Prese poi del filo nero e gli cucì gli occhi, il naso e la bocca. Quando era pronto il papà di Simone lo portò nel campo. Simone gli girò un po’ intorno, lo osservò e poi disse:
«Lo voglio chiamare Spuk» e così fece.

Dovete sapere bimbi, che non tutti gli spaventapasseri hanno un nome. Di solito si chiamano spaventapasseri e basta, anche perché non vanno in giro per il villaggio a presentarsi: “Buongiorno, sono il signor spaventapasseri, lei chi è”. Di solito stanno tutto il tempo da soli nel campo e non hanno bisogno di un nome perché nessuno si ferma a parlare con loro.

Spuk quindi si sentì subito uno spaventapasseri speciale. Tutti i suoi amici erano senza nome e non sapevano né camminare, né correre. Lui un nome ce l’aveva e forse poteva provare anche a camminare. Ci mise un po’ per capire come fare a scendere dal bastone che lo teneva sollevato ma prova e riprova ci riuscì. Da quel giorno iniziò a esplorare di nascosto la campagna.
Però, dato che era uno spaventapasseri con un nome che sapeva anche camminare, decise di essere anche furbo. Correva a perdifiato solo da mezzogiorno alle due e poi si fermava immobile e ritornava uno spaventapasseri come tutti gli altri. Si era talmente convinto di questa regola, che allo scoccare dell’ora le sue gambe si fermavano e nessuno riusciva più a convincerle a muoversi. Rendendosi conto di ciò, lo spaventapasseri cercava di non allontanarsi troppo dal campo di grano, in modo da avere il tempo di fermarsi immobile nel posto che era stato a lui assegnato.

La cosa che gli piaceva di più era coricarsi tra le spighe di grano e lasciarsi accarezzare dal vento e osservare le nuvole del cielo che si rincorrevano felici. 
Dovete sapere bimbi che Spuk, come tutti gli spaventapasseri, non vedeva a colori ma solo in bianco e nero. Ma lui era abituato così e la cosa non gli dispiaceva.

Si trovava proprio coricato tra le spighe di grano quando un bel giorno accadde un fatto molto strano. 
Infatti arrivò vicino a lui Fido, un cagnolino. Quel giorno stava trotterellando nel campo di grano e a volte si spaventava perché se si girava di lato e vedeva una coda che lo seguiva, la sua. Non era ancora riuscito a capire che cosa volesse da lui quella coda che lo seguiva in continuazione. Concentrato sulla sua coda non vide Spuk coricato tra le spighe e si inciampò.
Spuk iniziò a urlare spaventato e Fido iniziò a ringhiare. Spuk cercò di alzarsi il più velocemente possibile, Fido gli saltò addosso e cercò di morderlo. Un’ unghia del cane si impigliò nel filo che pendeva da un occhio di Spuk e quando lo spaventapasseri iniziò a correre spaventato, il filo che gli teneva chiusi gli occhi iniziò a scucirsi. Non appena la luce entrò negli occhi dello spaventapasseri, lui sentì un grande bruciore e iniziò ad urlare disperato. Si nascose dietro ad un roccia e iniziò a piangere.

Il sole sentì la sua tristezza fin su nel cielo e si rese conto che doveva fare qualcosa per aiutare il piccolo spaventapasseri. Chiamò vicino a sé una nuvola, e poi un’altra e un’altra ancora. Le nuvole coprirono a poco a poco la luce del sole e gli occhi di Spuk iniziarono a bruciare molto meno. Dal cielo iniziarono a scendere delle piccole gocce di pioggia che accarezzarono con delicatezza il viso dello spaventapasseri. Lo spaventapasseri aprì gli occhi e non sentì più nessun bruciore.
Spuk sorrise, alzò gli occhi al cielo e vide un bellissimo arcobaleno tutto colorato. Di fronte a tutta quella meraviglia rimase senza parole. 
In quell’istante Fido si avvicinò a lui e lo leccò con dolcezza, come se volesse chiedergli scusa. 
Spuk si alzò, sorrise e disse:
«Prova a prendermi se ci riesci! » e iniziò a correre ridendo per il campo.
Quella fu l’inizio di una grande amicizia.

Spuk non si preoccupò più di tornare nella sua postazione allo scoccare delle due in punto. Correva con Fido fino all’ultimo minuto. Da quel giorno Simone e il suo papà ritrovarono Spuk sempre in una posizione diversa del campo e non riuscirono mai a capire perché ciò avvenisse. Ma non se ne preoccupavano più di tanto, perché da quando c’era Spuk nessun corvo mangiava più il grano. Infatti erano troppo spaventati per avvicinarsi. 
Spuk era davvero uno spaventapasseri speciale, e lo era perché aveva sempre creduto in sé stesso ed era diventato esattamente ciò che voleva essere.
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Scritto e illustrato in collaborazione con i bambini che frequentano i servizi della ONLUS Lenci

lunedì 15 febbraio 2016

Ricercatore esperto di oggetti dispersi

RICERCATORE ESPERTO DI OGGETTI DISPERSI



Ogni giorno nel mondo nascono nuove professioni che cercano di far fronte alla crisi con la creatività. Se provate a fare una ricerca sul web scoprirete che esistono allevatori di lumache, scrittori di micro testi per i Baci Perugina, annusatori per deodoranti, mariti in affitto specializzati nel tuttofare, assaggiatori di cibo per cani e consulenti di nomi per bambini. Credo che tutto ciò sia molto interessante, quindi ho deciso di inventarmi una professione anch’io. Ho provato ad interrogarmi su cosa mi sentivo un esperto e, dopo un po’ di tempo dedicato alla riflessione, mi sono reso conto di essere un esperto nel ritrovare ciò che mia moglie perde.
Dovete sapere che mia moglie è un po’ distratta e spesso lungo il giorno perde le chiavi, il portafoglio, la pinza per i capelli e il cellulare. Tutto ciò accade regolarmente, anche se non esattamente in quest’ordine.

domenica 14 febbraio 2016

Lasciami cambiare

LASCIAMI CAMBIARE






Per molti anni ho pensato di non poter più cambiare niente e che quello che ero mi doveva bastare. Le scelte importanti si fanno a vent’anni, mi dicevo, poi si raccoglie semplicemente ciò che uno ha seminato.
Credo di non pensarla più così. In ogni istante noi cambiamo ed evolviamo e lottare contro il cambiamento significa sprecare un sacco di energie per mantenere uno status quo inesistente. A volte ci poniamo da soli dei limiti perché il cambiamento ci spaventa e la possibilità di perdere ciò che amiamo ci terrorizza. Allora ci crogioliamo nelle nostre abitudini, aspettando periodi migliori per essere felici; perdiamo tutte le occasioni, lasciando partire i treni su cui non abbiamo il coraggio di salire.
Davvero la nostra vita è già tutta tracciata? Ci è bastato sposarci, trovare un lavoro e una casa per perdere ogni curiosità nei confronti del mondo? 

sabato 13 febbraio 2016

Gradi diversi di libertà



«Ho trentadue anni e vivo da solo. Nella mia vita, per adesso, non mi sono uniformato a nessun canone. Non sono sposato e non ho neanche una ragazza. Forse penserai che sia matto ma ad un certo punto bisogna rendersi conto che il futuro dell’uomo non è già scritto e di fronte a noi non c’è solo una via possibile ma tante. A volte, bisogna avere il coraggio di andare controcorrente e di spezzare gli schemi che ci sono imposti dal sistema; è folle la nostra società, ti inculca il sacro dovere di produrre sempre di più, fa passare come un tuo diritto il fatto di sprecare il tempo libero di fronte alla tv, o leggendo storielle d’amore che non ti lasceranno mai niente. Un uomo si deve sposare, deve avere dei figli e deve lavorare quando in realtà ci sono moltissime altre vie. Crescere, per me, significa staccarsi da un modo di pensare incentrato sull’avere e avvicinarsi all’essere: cercare la libertà, l’indipendenza, la ragione critica, rinnovarsi, espandersi, amare, camminare con le proprie gambe. È molto facile restare dove siamo, perché conoscere ciò che abbiamo ci dà sicurezza. L’ignoto è pericoloso, imprevedibile e fa paura. Cerchiamo di scavarci una nicchia in questo mondo sicuro e ci aggrappiamo alle cose che abbiamo come ad una stampella e questo ci dà l’illusione di non potercela fare da soli. La gente teme la libertà; in questi anni ho cercato di affrontare questa paura e mi sono allontanato dalla consuetudine; ho iniziato a difendere il mio spazio cercando di conquistare gradi di libertà sempre maggiori.»
«Questo non ha implicato un po’ di solitudine?»
«Inevitabilmente sì, ma siamo tutti un po’ soli, non credi?»

-LA CASA TRA LE NUVOLE-
Di Laura Moscato

venerdì 12 febbraio 2016

Dove vanno a finire i calzini #9

DOVE VANNO A FINIRE I CALZINI #9


RIASSUNTO PUNTATE PRECEDENTI


Pinco e Pixi sono due calzini. Trascorrono le loro giornate su uno scaffale girevole in un negozio di abbigliamento. Dialogano tra loro attraverso il filo di plastica che li unisce. Un giorno la porta del negozio si apre e lo scaffale inizia a girare. Una grande mano afferra i due calzini, accidentalmente rompe l'etichetta che li teneva legati. Pixi viene messa in una borsa e portata via. Si ritrova in una nuova casa, con altre calze una diversa dalle altre. All'improvviso Pixi viene catturata da una grande mano, indossata nel piede destro, la musica parte e la danza ha inizio. Pixi viene travolta da queste nuove sensazioni, inizia a sentirsi leggera e ad un certo punto si lascia andare, lasciandosi travolgere dal ritmo delle note.


EPISODIO 9 
CHIACCHIERICCI FASTIDIOSI


Nei giorni seguenti non pensai mai a Pinco, il suo ricordo si infilò in un angolo nascosto della mia mente e per un po’ non gli diedi più attenzione. La mia vita era ormai scandita dalle sessioni di ballo, dai lavaggi in lavatrice e dalle ore trascorse stesa al sole a recuperare le forze.


Il mondo che mi circondava era strano e talvolta scaltro. Tra le calze c’era una competizione estrema e ognuna di loro faceva di tutto pur di essere scelta. Il più delle volte però i loro sforzi si perdevano in litigi in cui inutilmente cercavano di capire quale fosse la più bella. In bagno c’era sempre un chiacchiericcio fastidioso. I rossetti e gli ombretti parlavano in continuazione, cercando di essere sempre aggiornati sugli ultimi pettegolezzi. Gli scaldamuscoli erano gli unici maschi presenti in un mondo di femmine e si aggiravano sul pavimento, mettendo in risalto i loro pettorali. I loro discorsi erano inconsistenti e maschilisti e mi annoiavano a morte.

giovedì 11 febbraio 2016

Vuoi giocare con me?

VUOI GIOCARE CON ME?



«Bambini, ma voi giocate con mamma e papà?»
«No, non molto.»
«Mamma deve cucinare.»
«Papà arriva tardi dal lavoro.»
«Mamma è sempre al telefono.»
«Papà alla sera guarda la TV.»
Ho provato a fare questa domanda a molti bambini e le risposte erano sempre le stesse. Credo che sia preoccupante tale evidenza. I bambini hanno bisogno di giocare con noi, e, diciamolo, anche noi abbiamo bisogno di giocare e di tornare bambini con loro.

“Quando giocano, i bambini sono concentrati, cooperativi, creativi… e felici. Il gioco è il modo in cui essi si impadroniscono del mondo, lo esplorano, apprendono dalle nuove esperienze e si riprendono dalle loro piccole e grandi sofferenze. Tuttavia, giocare non è sempre facile per noi adulti, perché abbiamo dimenticato tanto. E a volte ci sentiamo incapaci di entrare in contatto con i nostri figli: da troppo tempo non siamo più bambini.” Lawrence J. Cohen – Gioca con me-

 
A volte si innalzano inconsapevolmente dei muri emotivi tra adulti e bambini e il gioco diventa l’unico modo per farli crollare.
“Quando siamo esausti e al limite delle forze, pensiamo che giocare sia solo uno spreco di energie. Tuttavia se ci mettiamo a giocare con i nostri figli, scopriamo che improvvisamente abbiamo energia per divertirci e per trovare soluzioni creative a problemi spinosi. Se non giochiamo, ci perdiamo molto più del divertimento. Il gioco è il momento in cui i nostri figli rivelano i sentimenti più profondi e le esperienze di cui non vogliono e non riescono a parlare.

mercoledì 10 febbraio 2016

Acqua che scorre

ACQUA CHE SCORRE


Immagina di trovarti su una piccola spiaggia di sassolini bianchi che si affaccia sul fiume Alcantara. L’acqua in quel punto scorre lentamente, è azzurra e sembra una piscina naturale. Ti togli i pantaloni e le calze e li lasci in un mucchietto incustodito sulla spiaggia. Immergi i piedi in acqua e passo dopo passo procedi nel letto del fiume fino a raggiungere il suo centro. L’acqua è fredda, inizi a muovere le dita dei piedi e sfiori la sabbia del fondale che ti lascia addosso una strana sensazione di benessere. Cammini sulle punte e procedi in mezzo alle rocce. Il tuo sguardo si volge verso l’alto e le pareti di pietra sembrano modellate da mani grandi e rugose. Il sole brilla alto nel cielo e la luce si scioglie nell’acqua rendendola luminosa e sfumata.
Procedi avanti, la corrente inizia a spingerti e l’acqua diventa schiumosa e bianca. Senti la forza del fiume scorrere tra le tue gambe, cerchi di fissare bene i piedi al terreno e ti aggrappi a dei massi che si trovano in mezzo al letto del fiume. La roccia è fredda e scivolosa nei punti in cui è bagnata dall’acqua.

martedì 9 febbraio 2016

Tempo lento


«Durante la passeggiata a cavallo sei stato molto silenzioso.»
«Mi piace il silenzio, durante queste escursioni cerco di scacciare via i rumori quotidiani per assaporare al meglio quello che sto vivendo. Di solito non chiacchiero con le altre persone perché cerco di dialogare con il mio cavallo e con la natura che mi circonda. Molto spesso le persone che intendono fare un’escursione arrivano con una loro velocità di vita che difficilmente si adatta al cavallo. Invece è necessario scoprire un tempo lento, grazie al quale potersi accorgere che c’è un mondo incredibile intorno a noi, un mondo dove si può parlare, stare con le persone che si amano, osservare la natura e rispettarla.»


LA CASA TRA LE NUVOLE
-Laura Moscato-

lunedì 8 febbraio 2016

Sentieri d'acqua

SENTIERI D'ACQUA



Quando ero piccola, la prima cosa che facevo appena sveglia era appiccicare il naso alla finestra per vedere se pioveva. Amavo la pioggia e l’attendevo sempre con entusiasmo. Mi piaceva osservare le gocce che scivolavano sul vetro facendosi strada le une con le altre. Con il mio ditino seguivo il loro percorso tracciando sul vetro sentieri immaginari. I colori si mischiavano e sembrava che il mondo fosse stato dipinto con pennellate sfumate.

Amavo il rumore delle macchine che entravano con le ruote nelle pozzanghere e alzavano cascate d’acqua ai margini delle portiere. Annusavo l’aria fresca e mi riempivo i polmoni del profumo di terra bagnata. La città mi sembrava diversa, più vera e meno esigente.

«Mamma! Mamma! Posso mettere gli stivaletti oggi?» chiedevo saltellando per la casa. Bastava un piccolo cenno e io mi catapultavo nel ripostiglio per prendere tutto ciò che mi occorreva.

I miei stivaletti da pioggia erano rossi, come anche l’ombrello e la mantellina. Mi vestivo velocissima e in un attimo ero pronta per uscire. Avevo il permesso di entrare nelle pozzanghere e di saltare nell’acqua e per me non c’era gioia più grande. Camminavo con gli occhi puntati a terra e seguivo i rigagnoli che disegnavano i marciapiedi; immaginavo di essere in una foresta tropicale e mi sentivo un’esploratrice  di mondi nuovi, tutti da scoprire.

Amavo la pioggia e ogni volta era una festa e mi veniva voglia di ballare, incurante del fatto che potessi bagnarmi.




domenica 7 febbraio 2016

Respiri di carta

RESPIRI DI CARTA 





Quando mi siedo davanti al computer di solito faccio un profondo respiro prima di iniziare a scrivere. Chiudo gli occhi e cerco di restare aperta alle infinite possibilità. I pensieri mi palsmano e io mi lascio modellare, senza porre resistenza. Le mie mani iniziano ad accarezzare la tastiera e le parole rimbalzano nella mia mente e attendono trepidanti che io le scelga, rendendole speciali. 
Quando scrivo mi basta abbandonarmi al flusso creativo e lasciare che mi conduca su strade sconosciute e sentieri mai percorsi. In quei momenti mi sento leggera, in perfetto equilibrio. Scrivere mi permette di sbirciare le mie infinite probabilità e di dar loro voce.

“Allora le parole aiutano una messa a fuoco più precisa, inducono a un respiro più profondo. Vestono i pensieri di abiti meno affrettati.”
-Gerardine Meyer-

giovedì 4 febbraio 2016

Dove vanno a finire i calzini #8

DOVE VANNO A FINIRE I CALZINI




RIASSUNTO PUNTATE PRECEDENTI:

Pinco e Pixi sono due calzini. Trascorrono le loro giornate su uno scaffale girevole in un negozio di abbigliamento. Dialogano tra loro attraverso il filo di plastica che li unisce. Un giorno la porta del negozio si apre e lo scaffale inizia a girare. Una grande mano afferra i due calzini e li mette in un cestinetto con una gonna viola e una collana di perle. Tutti si mettono a urlare spaventati. Sul nastro trasportatore, Pinco cerca di scappare saltellando giù. Ad un certo punto però la grande mano lo afferra, accidentalmente rompe l'etichetta che lo teneva legato a Pixi e Pinco si ritrova da solo per terra. Pixi viene messa in una borsa e portata via. Pinco si ritrova solo. Ad un certo punto da un buco nel muro sbuca un coccodrillo. Pinco si spaventa, ma poi guardandolo bene si accorge che non era un vero coccodrillo, ma un calzino a forma di coccodrillo. Il nuovo arrivato si presenta: si chiama Drillo e non sembra molto pericoloso. Drillo mette in guardia Pinco del pericolo che stanno correndo: gli Acarix potrebbero catturarli e a quel punto sarebbe la fine; devono assolutamente nascondersi.

EPISODIO 8

-MAGLIUS-

Drillo iniziò a tremare di paura. Io mi avvicinai e a bassa voce gli dissi:
«Ci sarà pure qualcosa che possiamo fare no?»
«Qualcosa sì, ma mi fa troppa paura!»
«E cosa sarebbe questa cosa che ti spaventa così tanto?»
«Dovremmo attraversare tutta la stanza e andare a parlare con Maglius, il saggio. Vive sulle montagne degli scaffali e sicuramente potrebbe darci un buon consiglio e forse potrebbe anche sapere dov’è finita Pixi.»
«Ma allora andiamo a parlargli! Perchè aspettiamo?»

Sguardi al presente

SGUARDI AL PRESENTE


Forse non tutti sanno che oltre a scrivere io lavoro in un centro d’aggregazione con bambini e ragazzi dai 3 ai 14 anni. Il mio lavoro mi appassiona e forse è il mio maggiore elemento di ispirazione.
Quali sono i giorni in cui, al lavoro, sento di stare davvero bene? Sono quelli in cui riesco a dedicarmi totalmente ai ragazzi, senza pensare all’attività successiva che dovrò svolgere. Negli istanti in cui riesco ad interrompere il mio lavorio mentale, mi ritrovo a scorgere particolari di cui normalmente non mi sarei mai accorta; mi ritrovo, per esempio, ad osservare gli occhi di un bambino che brillano mentre costruisce il suo veliero con i Lego, sorrido mentre con quel veliero affronta il mare in burrasca immaginandosi di essere travolto dalle onde, mi vedo riflessa nello sguardo di una bimba che mi chiede se ho voglia di giocare con lei e mi emoziono riscoprendo i giochi che amavo nella mia infanzia. Grazie a questi sguardi al presente, riesco a sfiorare la felicità e a sentire che la mia professione ha un senso.

mercoledì 3 febbraio 2016

Il gufo Lucio

IL GUFO LUCIO



C’era una volta un gufo che viveva nel bosco dei sussurri. Questo gufo si chiamava Lucio. Lucio era un giovane rapace e come tutti i suoi simili dormiva di giorno ed era sveglio di notte. C’era solo un piccolo problema: aveva paura del buio.
Tutte le volte che il buio avvolgeva gli alberi del bosco lui si svegliava e iniziava a tremare per la paura: i rami iniziavano a scricchiolare, le chiome degli alberi sussurravano tra loro e tutto il bosco si tingeva di ombre tetre che facevano tremare il povero gufetto. Il buio assomigliava a un mostro terribile che inghiottiva tutto quello che incontrava. Lucio, immaginandosi questo mostro, tremava di paura e non riusciva più a muoversi. Il gufetto terrorizzato rimaneva tutta la notte rintanato nel suo nido e, anche se avrebbe voluto volare libero nel cielo, aveva troppa paura per spiccare il volo.
Un giorno, all’improvviso, come un proiettile, atterrò Carletto, un pipistrello pasticcione e si scaraventò con una tale forza sul ramo che quasi fece cadere Lucio dall’albero. Carletto si rassettò le piume e poi, volgendosi verso il gufetto, gli sorrise:
«Scusa! Sto imparando a fare delle acrobazie in volo, ma non ho ancora imparato bene ad atterrare. Spero di non averti spaventato!»